La mia Padrona - capitolo 2

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    Questi racconti sono dedicati a Ennia: la splendida Donna cui mi sono ispirato per descrivere la mia Padrona, che ho conosciuto e per cui ho perso la testa un pomeriggio di tanti anni fa.
    Sono anni che sogno di poter essere il suo schiavo e di vivere con lei le situazioni che sto per descrivere.

    Sabato mattina.
    Mi sto aggirando stancamente tra gli scaffali di un supermercato, pensando alle altre commissioni che ancora devo sbrigare, quando ricevo un mms.
    Riconosco il piedino abbronzato della Padrona Ennia: le unghie perfettamente curate e smaltate, l’anello infilato al dito e la catenella alla caviglia da cui pende la chiave del lucchetto con cui, quando sono al suo cospetto, chiudo lo stipetto in cui ho riposto tutti i miei vestiti ed i miei effetti personali.
    C’è anche un breve messaggio.

    “Aspettami a casa per pranzo. Alle 14.”

    Il tono non ammette repliche.
    Quindi sbrigo rapidamente il resto delle commissioni della mattinata, corro a casa a prepararmi e con una mezz’oretta di anticipo mi precipito all’appuntamento.
    Entro con la copia della chiave che mi è stata assegnata. La mia Padrona non è in casa. Sul tavolino d’ingresso noto un foglietto in cui ha annotato i regalini che si è fatta da parte mia negli ultimi giorni: parrucchiere, estetista, lampada, negozio di biancheria intima, 2 paia di stivali… in fondo, una leggera traccia di rossetto lasciata dalle labbra della mia Padrona: è un regalino che ha voluto concedere al suo schiavetto, che nei prossimi giorni provvederà a pagare lo shopping della sua Dea nei negozi della città.
    Ripongo nel portafogli quel prezioso foglietto ed appoggio al suo posto, sul tavolino, la mia carta bancomat.
    Come al solito mi spoglio, ripongo ogni cosa nello spazio che mi è stato assegnato e chiudo con il lucchetto da cui, naturalmente manca la chiave.
    Nella ventina di minuti che ancora mi restano, approfitto per sistemare la casa della mia Padrona: rifaccio il letto, riordino la camera sistemando i suoi vestiti e la sua biancheria che era stata abbandonata sul pavimento, rassetto anche la cucina, apparecchiando con cura il tavolino per il pranzo … naturalmente per Una sola persona.
    Alle 14 precise, mi preparo in ginocchio, nell’entrata dell’appartamento, in attesa di accogliere adeguatamente la mia Padrona, al suo ritorno.
    Passano quasi tre quarti d’ora prima che senta le sue chiavi infilarsi nella serratura.
    Entra in casa ed io mi precipito ai suoi piedi, leccando avidamente la punta degli stivali e lo stiletto dei tacchi.
    La Padrona accarezza la testa del suo cagnolino festante e, senza degnarlo di troppe attenzioni, passa oltre, accomodandosi su una delle poltrone del salone.
    Sta parlando al cellulare ed è impegnata in una conversazione
    Adv
    che sembra divertirla parecchio. La sua voce squillante risuona nella stanza, scherza con una sua amica. Sembra allegra e rilassata.
    Si sfila il cappotto e, distrattamente, lo lascia cadere. Sa perfettamente che il suo schiavetto provvederà a prenderlo prima che tocchi terra ed a riporlo con cura nell’armadio.
    Porge gli stivali allo schiavo che si affretta a sfilarli delicatamente ed a sistemarli con cura al loro posto.
    Sfila poi anche le calze e lasciandomi finalmente adorare i suoi meravigliosi morbidi piedini, che provvedo ad infilare nelle sue ciabattine con il tacco sottile, che adoro.
    Finisce la telefonata.

    - Buongiorno Padrona ! Bentornata

    le dico, mentre la mia lingua si sta infilando delicatamente tra le sue piccole dita delicate.
    Il mio saluto non merita una sua risposta.
    Mi esamina con attenzione. Mi accarezza la schiena. Osserva con superiorità il mio pene che tradisce una certa eccitazione, e poi ordina seccamente:

    - Collare !

    le porto ciò che mi ha chiesto e lei lo sistema al mio collo, sempre stringendolo più del dovuto, divertendosi a crearmi qualche difficoltà di respirazione. Aggancia poi anche un guinzaglio di cordino avvolgente retraibile. Con un semplice pulsante sull’impugnatura ha la possibilità di lasciare scorrere la corda, oppure di bloccarla alla lunghezza voluta, o ancora di farla avvolgere, strattonandomi verso di sé.
    Si alza mentre lascia sfilare leggermente la corda. La seguo a quattro zampe, cercando per quanto possibile di stare accanto ai suoi piedi, in modo da non sentirmi troppo soffocare. Tuttavia non è facile, perché la sua andatura è piuttosto veloce e io fatico ad adeguarmi. Senza contare che, ovviamente, la corda viene bloccata ad una misura piuttosto breve.

    Mentre ci muoviamo nell’appartamento, osserva di sfuggita il bancomat che ho posato all’ingresso, controlla come ho riordinato la camera da letto e la cura con cui ho provveduto a riordinare e ripulire il bagno.
    L’ho fatto senza che Lei me lo ordinasse, ho fatto decisamente un buon lavoro, ma non intende darmi la minima soddisfazione: semplicemente era un mio preciso dovere e se non avessi provveduto mi avrebbe duramente punito.

    Torniamo in sala da pranzo. Nota il tavolo che le ho preparato, ma non se ne cura. Sa perfettamente che sono ancora a digiuno ma neanche questo le interessa. Probabilmente lei ha già mangiato qualcosa mentre era fuori.
    Prende dalla tovaglia un pezzetto di grissino, lo morsica e lo mastica leggermente per insaporirlo con la sua saliva, quindi mi sputa il tutto in bocca con un sorriso di scherno.
    Ingoio tutto anche con una certa avidità, perché non so quando mi verrà concesso di nuovo qualcosa da mangiare.
    E’ ovvio che appena avrò un momento libero dai suoi giochi, sarà mia cura sparecchiare e risistemare ogni cosa.
    Prende un altro grissino e lo sgranocchia trionfante mentre ci spostiamo in un’altra stanza.

    Stavolta andiamo nel bagno. Prende da un mobiletto una bacinella e la appoggia a terra. Fissa il guinzaglio alla maniglia della porta e mi lascia a guardare, incuriosito, che cosa vuole fare.
    Sfila da sotto la gonna le mutandine. Si accovaccia sopra la bacinella e, guardandomi dritto fisso negli occhi con aria di sfida, fa sgorgare la sua deliziosa pioggia dorata. La guardo con sguardo supplicante: sa che vorrei potermi dissetare con quella preziosa prelibatezza, ma per ora tutto ciò che è disposta a concedermi è il suo intenso profumo.
    Sento cadere anche qualche pezzetto più consistente, ma posso solo immaginare di che cosa si tratti.
    Si ripulisce con cura, naturalmente gettando poi la carta nella stessa bacinella. Ci sputa dentro qualche volta, sbriciola quel che resta del grissino e poi mi ordina seccamente:

    - Porta via questo schifo e mettilo nello sgabuzzino. E’ il tuo pranzo e la tua cena. Stasera esigo che la bacinella sia quasi vuota. Sappiti regolare…

    E se ne va.
    Mi slego, obbedisco all’ordine e la raggiungo nel salone.

    - Fai un po’ di buio!
    Mi ordina.
    Abbasso le imposte. Chiudo le tende ed accendo un paio di candele.

    - Bella idea.

    Si sfila la corta gonna leopardata che ancora indossa. Sbottona la camicetta lasciandomi intravedere il mio adorato reggiseno in pizzo nero e aggiunge:

    - Porta via la gonna e poi mettiti in ginocchio qui davanti a me. Fatti una sega mentre mi adori ma non azzardarti a venire o sono guai. Non voglio sentire un fiato per almeno un’ora…

    L’ennesimo ordine che non ammette obiezioni. Eseguo. Ritorno dalla camera portando con me le sue calze. Sorride.

    - Bella pensata ! Così andiamo più sul sicuro.

    Me ne infila una completamente in bocca, spingendola con le dita, mentre con l’altra mi imbavaglia.
    Si mette comoda, mollemente adagiata sul divano. Si alza il reggiseno e comincia ad accarezzarsi il seno. Poi con una mano scende tra le cosce e comincia ad toccarsi con sempre più passione la fichetta accuratamente rasata.
    Io assisto impassibile a quella scena. Ho il cuore che batte a mille. L’uccello duro come non mai, anche per la foga con cui lo sto segando.
    Vorrei tanto venire, ma mi è stato severamente vietato ed infatti ben presto devo fermarmi e rimanere in ginocchio sulle piastrelle ad assistere a quell’incredibile spettacolo.
    Dopo essersi regalata un lungo, intenso, rumoroso orgasmo, si avvicina a me e si pulisce la mano sui capelli e sfregandomela sul viso.
    Si riposa per una mezz’oretta stesa sul divano, guardando ogni tanto distrattamente le immagini che scorrono sul televisore, acceso ma con il volume al minimo.

    Il trillo del telefono la risveglia. Risponde, guardando nel frattempo compiaciuta il mio uccello che sto mantenendo faticosamente eccitato già da parecchio tempo. Mi manda un bacio e si dedica alla telefonata.

    - si, passa pure quando vuoi ! – aggiunge ad un tratto – Se dovessi vedere qualcosa di strano, comportati come se niente fosse – precisa – Ciao, a dopo. Un bacio…

    e si congeda dall’interlocutore.
    Si alza dal divano. Cerca una sciarpa nell’armadio e mi benda.

    - Tu continua pure qui

    mi bacia sulla fronte, mi strizza un capezzolo facendomi sussultare e poi si allontana lasciandomi nel buio.
    Sento in lontananza lo scrosciare dell’acqua della doccia.
    Dopo circa venti minuti di buio sento suonare alla porta. Scalza, corre ad aprire ed accoglie una sua amica, la stessa che poco fa le aveva telefonato.
    Mentre si stanno salutando, nell’entrata, la nuova venuta si accorge della mia presenza e, per un istante rimane senza parole.
    Ma la voce della mia Padrona la tranquillizza. Le spiega che quello che vede è soltanto un suo schiavo, ma che può tranquillamente considerarmi come uno degli altri elementi dell’arredamento.
    L’amica, superata la prima iniziale fase di stupore, si dimostra molto interessata e divertita dalla situazione.

    - Ennia, solo tu potevi pensare ad una cosa del genere… ma davvero questo porco si lascia fare di tutto da te ?
    - Certo – è la risposta – ma anche tu puoi usarlo come meglio credi. Basta che non me lo rompi o che non gli lasci brutti segni sulla pelle…

    La conversazione si sposta poi su altri argomenti. Ad un tratto sento la voce della mia Padrona:

    - Piccolo, vai a prepararci due tazze di the ?

    Mi levo la benda dagli occhi. Bacio i piedi alla nuova venuta e mi sposto in cucina dove sparecchio quello che avevo preparato per il pranzo e metto a scaldare dell’acqua in un bollitore.
    Mentre aspetto, sento la mia Padrona che spiega alla sua amica tutti i particolari della mia sottomissione. Confidando di mettermi in ulteriore imbarazzo, spiega anche quale prelibatezza mi ha preparato per sfamarmi.
    L’amica ride divertita.
    Torno nel salone con un vassoio e servo il the. Quindi mi inginocchio e rimango in attesa di altri ordini.
    Roberta – questo scopro essere il nome dell’altra Padrona – mi rivolge spesso sguardi sprezzanti. Io non ho il permesso di guardarla negli occhi, e devo abbassare lo sguardo sui suoi stivali, anche quando mi rivolge delle frasi di scherno.
    Padrona Ennia la lascia fare. Scrive distrattamente un sms al suo cellulare e ben presto se ne va in un’altra stanza.
    Padrona Roberta non aspettava altro. Con un sorriso diabolico impugna il guinzaglio, mi strattona e mi fa cenno di seguirla.

    - Ennia, tesoro, mentre tu ti prepari io gioco un po’ con il cagnolino, qui…

    grida rivolta all’amica. La frase non trova risposta.
    Mi porta nel bagno e chiude la porta.

    - Vorresti assaggiare anche la mia pipì, vero schiavetto ?

    sono ancora imbavagliato dalle calze della mia Padrona, quindi posso soltanto muovere la testa in segno di assenso.

    - Porco ! – E’ la risposta, seguita da un sonoro ceffone – te la dovrai meritare…

    Apre la finestra e si accende una sigaretta.
    Si siede sul bordo della vasca da bagno e mi fa cenno di avvicinarsi. Sono impaurito ma non posso certo rifiutarmi.
    Mi guarda sorniona e mi soffia in faccia un paio di boccate di fumo.
    Poi sfiora la pelle del viso con la brace della sigaretta. Istintivamente cerco di allontanarmi ma lei diventa improvvisamente seria, mi rivolge un’occhiataccia arrabbiata e mi sferra un altro ceffone.

    - Devi stare fermo !

    Con la sigaretta tra le dita continua a sfiorare la mia pelle: le guance, le braccia, persino la cappella del pisello.
    Mi costringe ad ingoiare la cenere e poi, dopo aver dato un’altra boccata per riattizzare la brace, la spegne sui miei capezzoli. Vorrei gridare, ma il bavaglio me lo impedisce. Il mozzicone della sigaretta finisce nel wc.

    - Se dici una parola ad Ennia, te ne faccio pentire…
    Mi sussurra minacciosa in un oreccho.

    - Ora alzati. In piedi !

    Naturalmente obbedisco.
    Apre leggermente la porta del bagno. Si sente il rumore del phon con cui Padrona Ennia si sta sistemando i capelli.

    - Bene, abbiamo ancora qualche minuto per noi
    mi dice. E questa frase non mi lascia prevedere niente di buono.
    Rivolge lo sguardo al mio pene.

    - Allarga le gambe e girati. Toglimi da davanti agli occhi questa robetta moscia.

    Sento passare le sue dita tra le mie natiche e poi sento infilare tra le mie gambe qualcosa di sottile e di metallico. Sfiora da dietro i miei testicoli poi si allontana. Non riesco a capire che cosa sia.

    - Allarga le chiappe. Mostrami il buchetto di questo culo puzzolente.

    Rimango qualche istante in questa posizione, con un misto di imbarazzo e di preoccupazione.
    Improvvisamente sento una dolorosissima sensazione di calore e capisco che gioco ha voluto fare: con un accendino si sta divertendo a bruciarmi la peluria di quella zona così delicata. Devo subire almeno tre o quattro fiammate. Improvvise. Ed altre in cui mi accostava soltanto l’accendino alla pelle, per divertirsi a vedere la mia angoscia.

    - Che puzza che c’è qui dentro… sarà bene lasciar cambiare un poco l’aria. Tra qualche minuto torna a chiudere la finestra. Da bravo…

    intanto mi scioglie il bavaglio ed incurante del dolore che mi aveva arrecato, impugna in modo deciso il guinzaglio ed esce dal bagno, trascinandomi dietro di se.
    Mi porta di nuovo nello sgabuzzino. Apre la porta e sputa un paio di volte nella bacinella.
    Vi intinge le punte di entrambi gli stivali e se li fa sfilare aggiungendo:

    - Tra 10 minuti io e Ennia dobbiamo uscire: questi devono essere puliti alla perfezione.

    Io comincio a leccare via dalle suole e dalla pelle la poltiglia che ci si è appiccicata.
    Padrona Roberta mi osserva per un po’ e poi si allontana scalza.

    - Come va ? Vi divertite ?

    La mia Padrona è pronta e sta per uscire con la sua amica.

    - Che disastro hai combinato, in bagno ? Sei proprio un cagnolino maleducato – mi dice schernendomi.
    - Aveva bisogno della ceretta – aggiunge Roberta – ma non stava fermo e non è venuta troppo bene…

    Tornano entrambe a sorseggiare un po’ di the mentre io finisco di pulire gli stivali, poi la mia Padrona mi chiude nello sgabuzzino.

    - Per ora tu resti a casa, piccolo. Riposati e mangia qualcosa che poi usciamo.

    Mi rinchiude al buio in quello spazio angusto e freddo, per giunta impregnato dell’odore proveniente dalla bacinella e dal suo contenuto.
    Dopo nemmeno un paio di minuti sento la serratura scattare nuovamente ed aprirsi di nuovo. E’ la mia Padrona che mi dice:

    - Roberta ti manda un pensierino, così ti ricordi anche di lei mentre saremo via…

    e mi attacca una molletta metallica proprio sul capezzolo ancora dolorante dalla scottatura di poco prima.

    - Non levarla, mi raccomando !

    Poi è di nuovo il buio…

    (continua)

     
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  2. Moore James
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