Dal mio diario. Mio padre.

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  1. •Luca†
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    Dal mio diario. Mio padre.

    Mamma, è stata ricoverata in ospedale si deve operare; a cosa non so non me l’hanno detto. Papà per starle vicino, si è preso una settimana di ferie. Nonna, si è offerta per venire a casa per farci da mangiare e tenerla in ordine, ma io gli ho detto di no, sono abbastanza grande da poter pensare a me, alla casa, e soprattutto a mio padre.
    Stamattina, dopo essere stati in ospedale, con il mio paparino siamo andati a fare la spesa, era la prima volta che uscivo da sola con lui. Se l’avessi mandato da solo a casa, mi avrebbe portato tutta roba inutile, infatti, nel carrello metteva di tutto e poi io toglievo. Ah questi uomini se non ci fossimo noi “donne” cosa combinerebbero?
    Una volta a casa, ho sistemato tutto nei mobili e nel frigo. Fatto questo, ho iniziato a sbrigare le faccende domestiche lui era nel salotto che leggeva il giornale. Mentre spolveravo, ho chiesto a mio padre cosa avesse la mamma.
    «Niente una sciocchezza tra una settimana torna più pimpante di prima». Ha ripreso a leggere. Tutti questi misteri francamente non li capisco. Mamma, mi manca la sua assenza si sente, ma non voglio pensarci in questi giorni la devo sostituire degnamente a papà non dovrà mancare niente.
    Per pranzo, ho deciso di preparare gli spaghetti alla “carbonara” come mi ha insegnato lei (mamma).
    In un’ampia padella, faccio tostare la pancetta a dadini senza alcun condimento solo con del pepe. Dopo la tolgo e nella stessa padella, ci metto un bel pezzo di burro che faccio sciogliere. In un piatto sbatto quattro uova (solo il rosso) vi aggiungo del sale, pepe, panna, parmigiano e pecorino. Faccio amalgamare bene il tutto mentre la pasta cuoce. Scolo la pasta al dente e la metto nella padella assieme al burro la giro, e rigiro sul fuoco vivo poi ci aggiungo le uova. Faccio saltare il tutto in modo che l’uovo, si attacchi alla pasta senza che diventi frittata alla fine, metto la pancetta.
    Al mio papà è piaciuta tanto da fare il bis.
    «Non aveva niente da invidiare a quella che solitamente mangio a Roma durante i miei viaggi. brava». I suoi complimenti mi hanno fatto molto piacere.
    Mio padre è un tipo piccoletto dalla carnagione scura. Ha la fronte spaziose e i capelli sempre imbrillantinati. Fa il camionista parte la domenica pomeriggio, e torna il venerdì sera vederlo in casa a inizio settimana, mi fa un certo effetto. Sono felice di essergli utile forse in questi giorni, potremmo conoscerci meglio. Dopo mangiato, è andato a fare la pennichella mi ha detto di svegliarlo per le 16,00 perché voleva andare
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    da mamma, gli ho chiesto se mi portava, ma ha risposto di no! Doveva parlare con il primario. Sempre più misteriosa si faceva la faccenda.
    Mi metto a lavare i piatti canticchiando a bassa voce una canzone di: “Battisti”. Alle 14.00 ho tutta la casa in ordine e non so cosa fare; lui dorme profondamente in cucina, mi arriva il suo russare. Vado nella mia camera, mi stendo sul letto quando riapro gli occhi fuori è buio. “cazzo dovevo svegliare papà!!” corro nella sua camera, ma lui non c’è. Sono le 19,00 devo preparare la cena speriamo che ha fatto in tempo a svegliarsi da solo altrimenti guai a me. Ho intriso la carne nell’uovo ora la passo nel pane grattugiato sto preparando le cotolette. Mentre le immergo nell’olio bollente, arriva mio padre.
    «Grazie per avermi svegliato! »
    «Scusa mi sono addormentata»
    «Ho visto per fortuna ho fatto in tempo. Mamma la operano mercoledì».
    «A cosa? » Si siede, gli porgo il piatto con la cotoletta e l’insalata.
    «Appendicite». Risponde senza guardarmi in faccia.
    «Cosa da poco allora? » Affonda la forchetta nell’insalata e alza la testa.
    «Già cosa da poco siediti e mangia». Il suo viso alquanto cupo, non mi convince tanto. Mangiamo senza dire una parola. Dopo cenato, va nel salotto a guardare la tv io riassetto la cucina e vado a sedermi sul divano accanto a lui. All’improvviso, un lampo squarcia il celo e sul boato del tuono, va via la corrente restiamo al buio.
    «Ho paura! » Nel dire questo lo abbraccio forte.
    «Mamma dove tiene le candele? » Mi chiede.
    «Non lo so! » Rispondo. Ho la guancia sul suo petto sento il battito del suo cuore. Fuori, si sta scatenando una tempesta l’acqua batte sui vetri e sulla ringhiera del balcone.
    «Aspettiamo che passi non dovrebbe durare a lungo». Mi mette il braccio in torno ai fianchi sono rannicchiata. Un altro lampo, mi fa sbalzare e con il capo colpisco il mento di papà.
    «Scusa». Gli dico e per evitare ulteriori colpi scendo poggiando la testa sulle sue gambe con meraviglia scopro che ha il cazzo duro. Mi accarezza il viso e mi dice parole rassicuranti. Giro la testa, poggio la guancia sulla sua protuberanza.
    «Forse è meglio che ti alzi e che cerchiamo delle candele». Mi solleva, nel rialzarmi finisco con la mano sul suo pacco che istintivamente stringo.
    «A te i temporali fanno paura a me come hai notato, fanno un altro effetto meglio staccarsi prima che i sensi prendano il sopravvento». Si alza, vedo la sua sagoma incerta aggirarsi per la stanza inciampa nel tavolino e in una poltrona.
    «Se non mi rompo la testa prima, vado nello sgabuzzino lì dovrebbe esserci una torcia speriamo che non sia scarica». Riesce ad arrivare alla porta mettendo le mani avanti come un cieco. Il buio è pesto, ma i miei occhi si sono abituati a quella oscurità e quindi, riescono a distinguere le cose. Sento un tonfo e subito dopo la voce di mio padre che bestemmia. Mi alzo per andare a vedere cos’è successo e proprio in quell’istante, torna la luce. È sdraiato nel corridoio e ha le mani sul viso.
    «Che capocciata figlia mia». mi dice a denti stretti.
    «Fammi vedere! » Toglie le mani ha un bernoccolo al disopra dell’arcata sopraccigliare. Vado in cucina, prendo del ghiaccio dal freezer, lo metto in un panno e torno da lui.
    «Mettilo sul bernoccolo. Riesci ad alzarti? » Gli allungo la mano e tento di tirarlo su, ma lui non mi aiuta è un peso morto quindi, ci rinuncio. Alla fine, si alza da solo.
    «Stanotte dormo con te! » Gli dico perentoria.
    «Fa come ti pare. Ti avverto non ho un sonno tranquillo russo, e mi muovo di continuo. Adesso spero solo che mi passi questo cazzo di dolore». Quante storie per una botta. Ed io che credevo che i camionisti erano dei veri maschi capaci di sopportare tutto mah!

    Non nascondo che dormire con lui, mi emoziona non poco. Dal comò tiro fuori una camicia da notte di mamma color fucsia molto audacia. Vado in bagno per lavarmi lui è nel salotto che sta guardando un programma sportivo. Fatto il bidè, metto degli slip neri e la camicia da notte e mi do un po’ di profumo lo stesso che si da mamma. Esco e m’infilo nel letto tirando le coperte fin sotto il mento. Nell’attesa che lui mi raggiunga, fremo tutta e non capisco per quale motivo la mia passera comincia a bagnarsi. Infilo la mano negli slip per costatare se l’umido che sento è dovuto all’eccitazione, o se mi sono venute le mie cose. Quando la tiro fuori, è intrisa di umori ho voglia di mio padre.
    L’abatjour sul comodino, diffonde una luce accattivante non vedo l’ora che arrivi. Ha spento la tv sento lo strusciare delle pantofole sul pavimento il cuore mi batte forte. Entra in camera, mi guarda ho sempre le coperte tirate fin sotto al mento. Comincia a spogliarsi quello che toglie lo mette sulla poltroncina ai piedi del letto. È in mutande dal cassetto del comodino, prende il pigiama celeste indossa solo i calzoni a torso nudo, s’infila nel letto.
    «Lo fai sempre? »
    «Cosa? »
    «Darti del profumo prima di andare a letto? » Arrossisco.
    «E’di mamma».
    «Lo so gliel’ho regalato io».
    «Anche questa è di mamma». Con il cuore in gola mi scopro e gli mostro la camicia da notte che in pratica è un velo, si vede tutto dagli slip al seno nudo.
    «Che significa Cinzia? »
    «Non voglio che tu senta la sua mancanza».
    «E pensi che oltre a sostituirla degnamente in cucina puoi farlo anche a letto? »
    «Credo di sì mettimi alla prova».
    «Non potrei mai sei mia figlia! » Non mi stacca gli occhi d’addosso.
    «Vediamo se anche lui la pensa come te». Mi metto su un fianco e con una mossa rapida gli afferro il cazzo è duro come il marmo.
    «Beh il tuo socio, la pensa diversamente».
    «Per forza è in astinenza da più di quindici giorni». È supino i peli disegnano una bellissima croce sul torace. Poggio la guancia su quella morbida pelliccia e gli accarezzo il ventre.
    «Posso scoprirtelo? »
    «A che scopo stiamo bene anche così non ti pare? »
    «Se adesso al posto mio ci fosse mamma messa così come sono io cosa le chiederesti? »
    «Niente lei sa da se cosa fare. Comincerebbe con una bella fellatio».
    «Cos’è? »
    «Vedi sei ancora troppo giovane per fare certe cose. Ad ogni modo, si darebbe da fare con la bocca».
    «Ti farebbe un pompino? »
    «Si! »
    «Sono capace anch’io cosa credi! »
    «Smettiamola altrimenti faccio davvero conto che tu sei mamma e non so come finirebbe».
    «Meglio di quello che immagini». Infilo la mano nel pigiama, afferro il cazzo.
    «Se ci vedesse tua madre, ci farebbe un mazzo così». Fa il gesto con le mani.
    «Non penso è stata lei a dirmi di starti molto vicino».
    «Non credo che intendesse questo».
    «Mah chi lo sa! » Lo sto masturbando all’interno dei calzoni.
    «Fammi venire così mettiamo fine a questo “gioco” innaturale».
    «Non ti accontenterai di una sega spero! »
    «Cos’altro vorresti fare? »
    «Tutto ho una gran voglia senti come sono messa». Gli afferro la mano e me la metto negli slip.
    «Sei fradicia!» Toglie la mano come uno che ha preso una scossa elettrica. Mollo il cazzo e mi sdraio sulla schiena.
    «Cerchiamo di dormire». Mi dice e si gira dall’altra parte. Mi tolgo la camicia da notte e le mutandine.
    «Guardami! » Gli dico, ma lui non si volta.
    «Non né posso più papà! » Inizio a masturbarmi e gemo in modo che lui possa sentirmi.
    «Smettila! Altrimenti mi alzo e vado a dormire nella tua camera».
    «Devo godere papi è più forte di me». Si gira.
    «Sei un demonio che mi fai fare? » Toglie calzoni e slip. Che bel cazzo si para d’innanzi ai miei occhi.
    «Sei vergine? »
    «No! » Si sdraiai su di me mi lecca i seni senza bisogno di alcuna guida, mi ritrovo il fallo nella fica. Si tiene sulle braccia con le mani infossate nel materasso, non si muove mi fissa, gli metto i talloni sulle chiappe e lo abbraccio.
    «Dai cosa aspetti a chiavarmi? »
    «E’incredibile mi sembra di rivedere tua madre da giovane. Hai la stessa espressione di quando lo facemmo la prima volta».
    «Fa conto di essere tornato indietro e scopami come hai scopato lei».
    «Sì... Sofia si». Comincia a muoversi e mi chiama con il nome di mamma: “Sofia”.
    Mi mette le mani sotto e mi afferra le natiche le stringe.
    «Ohhh... così dai... dai! » Lo sprono mi sta stantuffando con veemenza. La mia micia si dilata e più volte il cazzo di mio padre esce dalla tana fradicia e va a cozzare sul monte di venere lo rimetto dentro.
    «Ancora due botte e... ci sono». Gli urlo mordendogli l’orecchio.
    «Insieme Sofia insieme».
    «Si... vengo ohhh che... siii! ». Si sfila, si alza sulle braccia e il suo cazzo sembra un dirigibile sospeso nell’aria, mi punta comincia a fiottare gli schizzi mi arrivano sul seno.
    «Ohhh... è stato bellissimo! » Dice ansimando e, si lascia cadere supino sul letto. Il suo membro palpita. Ho avuto un orgasmo meraviglioso, ma non sono del tutto appagata.
    «Facciamolo ancora dai! » Gli dico e mi metto carponi sul letto.
    «Dammi il tempo di riprendermi! » Ha il fiatone. Mi calo con la testa, e gli prendo in bocca l’asta intrisa dei miei umori. Non ha perso consistenza è dura come quando abbiamo iniziato. Mentre lo lecco guardo mio padre con molta malizia.
    «Dove hai imparato? »
    «Non importa l’importante e che ti piace».
    «Moltissimo! » Penso che possa bastare anch’io ho voglia di farmela lappare. Cammino sulle ginocchia gli scavalco il viso, la passera e a piombo con la sua bocca, tira fuori la lingua, mi calo su quel pezzo di carne e inizio ad andare avanti e indietro lentamente lui, mi afferra le chiappe mentre io con le mani mi strizzo i seni.
    Do le spalle al cazzo mi lascio andare all’indietro e mi tengo con le mani sulle sue ginocchia. Lecca divinamente tanto da portarmi a un nuovo orgasmo.
    Sono ancora un fremito quando mi dice di mettermi a pecora. Lo faccio lui si mette sulle ginocchia dietro di me. Mi allarga le chiappe e sputa più volte nel buco del culo dopo ci infila il dito fino infondo. Lo fa entrare e uscire da prima lentamente poi sempre più velocemente. Sono con la faccia nel cuscino sfila il dito e davanti all’orifizio anale, ci mette la cappella del cazzo.
    «Anche nel culo non sei vergine vero? » Annuisco con la testa.
    «Bene». Mi afferra i fianchi e inizia a spingere sento la verga che mi squarta la carne, mordo il cuscino il retto, l’ha superato ora deve infrangere l’ultimo baluardo quello che lo porterà nel mio budello.
    «Ahhh... dolcemente papi fa piano».
    «Non te l’hanno rotto a dovere? » Sta fermo tira me con le mani verso il suo fallo. Mi dice di venirgli incontro più velocemente stringo i denti e mi muovo come una cavalla impazzita. Brucia un casino.
    «Ora stai ferma concludo io! » Mette le mani sulle mie spalle e comincia a stantuffarmi con vigore.
    «Vieni papi ti prego non ne posso più! »
    «Ancora un po’ un altro poco e... poi... » L’ultimo colpo di reni me lo fa arrivare nella pancia.
    «Ohhh... siii godo... godoooo! » Quando lo sfila, mi sempre che un pezzo di me mi è stato staccato.
    Ci lasciamo andare sul letto esausti.

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